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Intime, potenti, di dettaglio ma capaci di aprire ad un universo di emozioni e di tecnica fuori dal comune. Così si presentano le immagini realizzate da Roberta Orio per il volume in preparazione per la mostra “Lino Tagliapietra. L’origine del viaggio” ospitata a Ca’ Rezzonico fino al 25 settembre prossimo. Non un mero catalogo, ma un viaggio nel viaggio.
Il punto di vista che offri sul lavoro di Lino Tagliapietra scava nel dettaglio e nel colore, nelle fitte tramature dei suoi vasi e dei pannelli. Come hai affrontato questo lavoro fotografico?
Ho avuto modo di osservare il lavoro di Lino Tagliapietra per lungo tempo, l’ho ascoltato mentre raccontava piccoli frammenti di grandi esperienze con straordinaria naturalezza, una semplicità che possiede solo chi ha avuto la capacità di trasformare la propria creatività in materia e farla vivere senza limiti come prolungamento di sé. Amplificazione di sé.
Dentro e fuori da queste sollecitazioni, più volte davanti alla grande responsabilità di documentare i suoi lavori, mi sono chiesta come rappresentarli, senza porre limiti a delle opere che non ne hanno, attraverso una mia possibile interpretazione fotografica. Dei suoi racconti mi ha sempre colpito molto come da ogni esperienza abbia preso vita una sua opera, da qui la scelta del titolo di questa mostra “L’origine del viaggio”, e ho quindi immaginato il viaggio di Lino Tagliapietra come un pensiero, un sogno, un’esperienza appunto, che da forma latente si concretizza in opera; esattamente come è sempre stata la fotografia fino a prima del digitale, che da una sua forma latente diventa immagine.
Come interpretare questa latenza che si fa opera? Potevo solo immergermi nei suoi lavori e cercare le emozioni che le avevano originate e per catturarle, l’unica via in fotografia è la luce. Ho messo in luce parti, interi, trame, colori, intrecci, trasparenze, saturazioni, lasciandole affiorare da quello che ho immaginato essere appunto il sogno di Lino Tagliapietra. Queste fotografie mettono in luce l’opera di Lino Tagliapietra mentre si fanno realtà. Non era importante per me che fossero riconoscibili, per quello esistono già le opere, era importante per me dare voce all’emozione, all’esperienza che le ha originate. Ho immaginato le opere di Lino Tagliapietra uscire dal suo immaginario e le ho viste mettersi in luce, assumendone al contempo una forma. E ogni volta che è successo ho scattato! Non è stato difficile farsi catturare dalle trame delle opere di Lino Tagliapietra, visioni infinite di rara ricchezza; difficile è stato fermare lo sguardo davanti a esse per poterle trasformare in immagini. Se questo lavoro esiste, è solo grazie alla grande apertura di questo straordinario uomo, che come tutti i grandi Maestri, non teme nulla e men che meno la rappresentazione fotografica.
Lo ha sostenuto da subito e mi ha lasciata libera di entrare e uscire dai suoi lavori, senza pormi limiti, come ha sempre fatto con le sue incredibili opere.
Queste fotografie mettono in luce l’opera di Lino Tagliapietra mentre si fanno realtà. Non era importante per me che fossero riconoscibili, per quello esistono già le opere, era importante per me dare voce all’emozione, all’esperienza che le ha originate.
Un piccolo insight se possibile. Ci anticipi il racconto per immagini che stai costruendo per il catalogo/volume?
Questo catalogo/libro sarà il risultato delle tre fasi di questa mostra e raccoglierà quindi le fotografie scattate in studio, dove appunto ho messo in immagine la parte emozionale di questo viaggio creativo di Lino Tagliapietra; ci saranno poi le fotografie che racconteranno le fasi di allestimento e quelle dell’allestimento della mostra a Ca’ Rezzonico. Riteniamo giusto che questo libro racconti l’esperienza a Ca’ Rezzonico, faccia vedere come le opere di questo grande artista si relazionano con degli spazi così identitari, attraverso le immagini ambientate delle opere di Lino Tagliapietra, motivo per cui il volume verrà presentato a settembre e non è stato presentato il giorno dell’inaugurazione della mostra.
Emerge da subito un approccio autoriale alla fotografia, tanto da aver trasferito alcune tue immagini in mostra in aperto dialogo con i vetri soffiati dal Maestro. Quasi un’esposizione nell’esposizione e in uno spazio di grande fascino come Ca’ Rezzonico da poco riaperto al pubblico.
Che effetto fa vedere i propri lavori affiancati ad un artista della statura internazionale di Lino Tagliapietra?
Ho molto riflettuto sulla scelta di inserire parte delle immagini delle opere di Lino Tagliapietra in mostra oppure no, proprio perché non volevo nel modo più assoluto correre il rischio che potessero essere un elemento di distrazione (alla mostra). Sono equilibri sottili e quando si lavora a fianco di un grande artista, quando si interpretano i suoi lavori, si deve sempre fare molta attenzione a non varcare la soglia, altrimenti diventa un’altra cosa. Oserei permettermi di dire, visto che non dovrei essere io a dirlo, che l’intimità di queste immagini, ha fatto si che la loro presenza rimanesse dentro una delicatezza che accoglie l’osservatore, quasi come a voler creare una quinta preparatoria di un grande scenario. Io, attraverso le mie fotografie, suggerisco delle visioni, ma è l’opera che si mette in mostra in tutta la sua potenza. Certo è stato emozionante vedere le mie fotografie accompagnare le opere di un artista come Lino Tagliapietra. Direi però che tutte le fasi di questo mio lavoro sono state emozionanti, mi sono sentita investita di una grandissima responsabilità, che si è trasformata in una eccezionale esperienza, e vedere le mie immagini, dialogare con le opere del Maestro, quasi impercettibili ma presenti, perché forti nella scelta linguistica, accompagnare i lavori di Lino Tagliapietra in questa esposizione a Ca’ Rezzonico, è stata sicuramente un’esperienza unica. Posso solo ringraziare la Fondazione Lino Tagliapietra che mi ha voluta in questo viaggio!
attraverso le mie fotografie, suggerisco delle visioni, ma è l’opera che si mette in mostra in tutta la sua potenza
Della mostra sei anche coordinatrice. Come avete affrontato, assieme alla Fondazione Lino Tagliapietra, la selezione dei lavori in mostra?
E’ stato un lungo e attento lavoro di studio e di selezione quello che ci ha portati a scegliere quali opere mettere in mostra. La produzione di Lino Tagliapietra è vastissima e anche molto diversa nelle sue caratteristiche tecniche.
Siamo partiti dai suoi lavori meno conosciuti, volevamo presentarli al pubblico, in quanto rappresentano una nuova evoluzione del lavoro di Lino Tagliapietra, e mi riferisco ai Pannelli e alle sue nuove creazioni, la serie Dubai, che l’artista ha realizzato in questi ultimi anni, e per unirli tra loro come fil rouge, abbiamo scelto alcuni vasi iconici del Maestro. La scelta è ovviamente legata alla narrativa della mostra, l’esperienza del viaggio che si fa opera, dove il tema del viaggio è fondamentale per Lino Tagliapietra, per la sua formazione, per la sua ispirazione, e che però ha anche sempre fatto ritorno nella sua amata Murano, dove tutt’ora vive. Attraverso un assiduo confronto con la Fondazione Lino Tagliapietra e in particolare con il figlio Silvano Tagliapietra, abbiamo ripercorso alcune tappe fondamentali dei suoi tanti viaggi ed ecco allora che le opere ci raccontano l’esperienza del Maestro, che attraverso le tecniche, i colori, le forme sprigionano la forza emotiva che le ha originate. Sono stati mesi di confronto intenso, non solo tra noi ma con le opere stesse; lunghi si, no, forse e poi arrivava il Maestro, diceva qualche parola, suggeriva riflessioni, e con la stessa leggerezza con la quale era arrivato se ne andava, lasciandoci dentro il nostro viaggio.
l’esperienza del viaggio che si fa opera
Oltre alla mostra Lino Tagliapietra. L’origine del viaggio, quali altri progetti ti vedono oggi coinvolta?
Per me questo è un momento di grande produzione di lavori personali e di lavori commissionati, nati soprattutto grazie alle mie esperienze già maturate dentro ad alcuni grandi temi. Da una parte la mia attenzione al dettaglio con il lavoro Kult, codice umano e dall’altro la mia esperienza con la fotografia di paesaggio, di reportage ma se vogliamo più di fotografia sociale, mi stanno portando a collaborare con realtà pubbliche e private che mi vedono impegnata in campagne fotografiche di documentazione del territorio da un lato e di documentazione di realtà sociali dall’altro; progetti, alcuni, che si concluderanno a breve con delle pubblicazioni. In particolare sto lavorando a un progetto che prevede una campagna fotografica che si svilupperà in un arco temporale di cinque anni, durante i quali fotograferò,e in parte l’ho già fatto, il territorio veneziano. E’ un progetto che mi sta molto a cuore, innanzitutto perché parla, racconta della mia città, alla quale sono legatissima e secondo perché è il proseguo di una mia ricerca sul territorio, che ho iniziato alcuni anni fa. Ci sono poi i progetti con le aziende e le collaborazioni con alcuni musei, dove sono chiamata a fotografare le collezioni private e pubbliche e l’insegnamento, che per me è sempre una grande fonte di arricchimento personale. Come dice un mio caro amico, noi docenti, siamo chiamati a far crescere non tanto le eccellenze, in quanto queste sono già straordinarie di suo e prima o poi troveranno una strada, quanto coloro che si collocano in una fascia intermedia. Sono questi ultimi che hanno bisogno di maturare e di formare la propria eccellenza; questo compito è per me sempre una grande sfida e soprattutto una grande responsabilità. Cresco con i miei studenti e loro crescono con me.
Intimate, powerful, detailed but capable of opening up to a universe of emotions and uncommon technique. This is how Roberta Orio’s images are presented for the volume in preparation for the exhibition “Lino Tagliapietra. L’origine del viaggio” hosted at Ca’ Rezzonico until 25 September. Not a mere catalogue but a journey within a journey.
The point of view you offer on Lino Tagliapietra’s work digs into the detail and colours, into the dense texture of his vases and panels. How did you approach this work of photography?
I have been observing Lino Tagliapietra’s work for a long time, I have listened to him recounting small fragments from great experiences with remarkable ease, a simplicity possessed only by those who have the ability to transform their creativity into matter and make it live without limits as an extension of themselves. Amplification of himself. In and out of these solicitations, several times when faced with the great responsibility of documenting his works, I asked myself how to represent them, without placing limits on works that have none, through my own possible photographic interpretation. In his stories, I have always been struck by how from each experience one of his works has come to life, hence the choice of the title of this exhibition ‘The Origin of the Journey’, and I therefore imagined Lino Tagliapietra’s journey as a thought, a dream, an experience, which from a latent form becomes a work of art; exactly as photography has always been up until digital, which from a latent form becomes an image.
How to interpret this latency that becomes work? I could only immerse myself in his works and search for the emotions that had originated them, and to capture them, the only way in photography is light. I brought out parts, whole, textures, colours, weaves, transparencies, saturations, letting them emerge from what I imagined to be Lino Tagliapietra’s dream.
These photographs highlight the work of Lino Tagliapietra as they become reality. It was not important for me that they were recognisable, since the works already exist, it was important for me to give voice to the emotion, to the experience that originated them. I imagined LT’s works coming out of his imagination and I saw them come to light, at the same time taking on form. And every time that happened, I snapped my shutter! It was not difficult to get caught up in the textures of Lino Tagliapietra’s works, endless visions of rare richness; it was difficult to stop my gaze in front of them in order to transform them into images. If this work exists, it is only thanks to the great openness of this extraordinary man, who like all great masters, fears nothing and least of all photographic representation.
He supported me from the beginning and left me free to enter and exit his work, without setting myself any limit, as he has always done with his incredible works.
A little insight if possible. Can you tell us in advance the story in images that you are constructing for the catalogue/book?
This catalogue/book will be the result of the three phases of this exhibition and will therefore collect the photographs taken in the studio, where I have precisely set the emotional part of this creative journey of Lino Tagliapietra into images; then there will be the photographs that will tell the story of the setting up phases and those of the exhibition at Ca’ Rezzonico. We felt it was right that this book should recount the experience at the Museum, show how the works of this great artist relate to such identifiable spaces, through the set images of Lino Tagliapietra’s works, which is why the book will be presented in September and not on the day of the exhibition opening.
An authorial approach to photography immediately emerges, so much so that some of your images have been transferred to the exhibition in open dialogue with the glass blown by the Maestro. Almost an exhibition within an exhibition, and in such a fascinating space as Ca’ Rezzonico, recently reopened to the public.
How does it feel to see your own work alongside an artist of the international stature of Lino Tagliapietra?
I thought a lot about whether to include some of the images of Lino Tagliapietra’s works in the exhibition or not, precisely because I absolutely did not want to take the risk that they could be a distraction (at the exhibition). These are subtle balances and when working alongside a great artist, when interpreting his work, one must always be very careful not to overstep the mark, otherwise it becomes something else. I would dare to say, since I should not be the one to say it, that the intimacy of these images made their presence remain within a delicacy that welcomes the observer, almost as if to create a preparatory backdrop to a grand scenario. I, through my photographs, suggest visions, but it is the work that shows itself in all its power. Of course it was exciting to see my photographs accompanying the works of an artist like Lino Tagliapietra. I would say, however, that all the phases of this work of mine were exciting, I felt invested with a great responsibility, which turned into an exceptional experience, and to see my images, dialoguing with the Maestro’s works, almost imperceptible but present, because strong in their linguistic choice, accompanying the works of Lino Tagliapietra in this exhibition at Ca’ Rezzonico, was certainly a unique experience. I can only thank the Lino Tagliapietra Foundation that wanted me on this journey!
You are also the coordinator of the exhibition. How did you, together with the Lino Tagliapietra Foundation, approach the selection of works in the exhibition?
It was a long and careful study and selection process that led us to choose which works to put on show. Lino Tagliapietra’s production is vast and also very diverse in its technical characteristics.
We started with his lesser-known works, we wanted to present them to the public, as they represent a new evolution of Lino Tagliapietra’s work, and I am referring to the Panels and his new creations, the Dubai series, that the artist has created in recent years, and to unite them as a common thread, we chose some of the Maestro’s iconic vases. The choice is obviously linked to the exhibition’s narrative, the experience of travelling that becomes a work of art, where the theme of travel is fundamental for Lino Tagliapietra, for his training, for his inspiration, and yet he has always returned to his beloved Murano, where he still lives.
Through an intensive discussion with the Lino Tagliapietra Foundation and in particular with his son Silvano Tagliapietra, we retraced some of the milestones of his many journeys, and the works tell us about the Maestro’s experience, which through the techniques, colours, and forms unleash the emotional force that originated them. They were months of intense confrontation, not only between us but with the works themselves; long yes, no, maybe, and then the Maestro would arrive, say a few words, suggest reflections, and with the same lightness with which he had arrived, he would leave, leaving us on our journey.
Besides the exhibition Lino Tagliapietra. The Origin of the Journey, what other projects are you involved in today?
This is a period of great production of both personal works and commissioned works, which have arisen above all from my experiences within some major themes. On the one hand, my attention to detail with the work Kult, human code, and on the other, my experience with landscape photography, reportage, and if you like, more social photography, are leading me to collaborate with public and private realities that see me involved in photographic campaigns to document the territory on the one hand and to document social realities on the other; projects, some of which will soon be concluded with publications. In particular, I am working on a project involving a photographic campaign that will take place over a period of five years, during which I will photograph and in part I have already done so, the Venetian territory. It is a project that is very close to my heart, firstly because it speaks, it tells of my city, to which I am very attached, and secondly because it is the continuation of my research on the territory, which I started a few years ago. Then there are the projects with companies and collaborations with museums, where I am called upon to photograph private and public collections, and teaching, which for me is always a great source of personal enrichment. As a good friend of mine says, we teachers are called upon to develop not so much those who are excellent, because they are already extraordinary in their own way and will find their way sooner or later, but those who are in the middle. It is the latter who need to mature and form their own excellence; this task is always a great challenge and above all a great responsibility for me. I grow with my students and they grow with me.